“Uno, nessuno, centomila”. Anche un occhio poco attento, o un uomo poco avvezzo al progressismo social, percepisce la variabile soggettiva che caratterizza la “patina” di vetro che divide il reale dalla sua manifestazione.
Quanto mai attuale può dirsi il noto romanzo pirandelliano, laddove man mano cresce la consapevolezza degli utenti secondo cui la realtà, o meglio ciò che ne viene rappresentato attraverso lo “schermo”, non sarebbe oggettiva.
E nel continuo “divenire” dell’uomo, le moderne maschere si rivelano attraverso le false identità digitali.
I motivi che spingono una persona ad aprire un falso profilo social possono essere innumerevoli: per nascondere la propria situazione personale o sentimentale, perché si prova vergogna per il proprio aspetto fisico e si preferirebbe presentarsi con un’altra identità, per spiare altri profili con i quali non si riuscirebbe ad interagire altrimenti. Dalle ragioni più intime e psicologiche a quelle più gravi e certamente riprovevoli, come il fine di commettere truffe o distruggere la reputazione di un’altra persona.
Ma quale che sia il motivo che porta alla creazione di un falso profilo social, ci si chiede se sia un’operazione consentita dall’ordinamento o, al contrario, se debba ritenersi meritevole di pena.
Ipotesi di reato
E’ di certo suggeribile l’astensione dall’uso della finzione sui social network. Ciò in quanto il comportamento di chi si finge un’altra persona ben può configurare il reato previsto e punito all’art. 494 del codice penale. Trattasi della fattispecie di “Sostituzione di persona”, che prevede la sanzione della reclusione fino ad un anno.
La norma censura la condotta di chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, o una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Si precisa che i concetti di vantaggio e danno, necessari perché si realizzi la fattispecie in esame, non si esauriscono in una finalità di natura economica e nemmeno si richiede che siano ingiusti, ben potendo quindi integrarsi il reato qualora l’impegno sia diretto a realizzare uno scopo lecito (ad esempio “conquistare” una donna od ottenere un colloquio di lavoro).
Sulla questione del profilo fake, proprio il 6 luglio 2020 si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, statuendo che il reato di sostituzione di persona è integrato da colui che crea e utilizza un profilo su social network utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza (Cass., sent. 22049/2020).
Ma ciò che assume rilevanza penale ai sensi dell’art. 494 c.p. non è tanto l’utilizzo di un’immagine rappresentante un volto altrui: questo ben potrebbe essere rappresentato anche soltanto quale caricatura.
In verità l’elemento oggettivo qualificante la condotta di “sostituzione di persona” è proprio la creazione e il successivo utilizzo di un falso profilo, prescindendo dal “volto” che si intende assumere con tale operazione.
Ne consegue che è altrettanto illecita la creazione di un profilo fake con nome o immagine di fantasia, oppure un profilo che seppur attribuito alla propria persona, rechi false informazioni su di sé come quelle relative alla nascita, allo stato, al titolo di studio, al titolo professionale e così via. E’ infatti sufficiente il comportamento capace di indurre la persona in errore, motivo per cui i Giudici Ermellini (Cass., sent. 34800/2016) hanno condannato un uomo che, benché sposato, si era finto celibe con una utente, al fine di ottenere un appuntamento.
Come tutelarsi
E’ chiaro che l’attività fraudolenta di cui si è detto possiede l’attitudine a danneggiare le persone i cui nomi o volti, loro malgrado, sono falsamente rappresentati nei profili fake.
Queste persone e, in generale, chiunque abbia anche solo il minimo sospetto sulla falsità di un profilo digitale, potranno sempre denunciare il fatto alla Polizia postale o direttamente alla Procura della Repubblica. Le Autorità potranno facilmente ricondurre il falso profilo al suo vero autore, attraverso la verifica dell’indirizzo IP da cui sono avvenuti gli accessi.
A presto
MN