Oggi ciascuno di noi è inserito in molteplici gruppi di conversazione whatsapp, così tanti da arrecare noia e da indurci a “silenziare” le notifiche. Per quanto possa sembrare scontato occorre tenere presente che i messaggi inviati tramite le chat di gruppo di Whatsapp consentono l’invio contestuale dei messaggi a più persone. I destinatari possono leggere tali messaggi in tempo reale e rispondere subito, oppure, come nel caso di chi ha preferito “silenziare” le notifiche, leggerli a distanza di tempo.
Cosa accade nel caso in cui qualcuno, tra i membri della chat, proferisca frasi o epiteti offensivi rivolti ad altro partecipante alla conversazione?
Ingiuria o diffamazione
Per comprendere quale illecito possa configurare il comportamento di chi scrive messaggi offensivi su una chat di gruppo, occorre ribadire quanto già premesso: i membri del gruppo possono leggere i messaggi in tempo reale oppure leggerli a distanza di tempo. Ebbene questa considerazione è ciò che rende possibile distinguere l’ipotesi dell’ingiuria da quella più grave di diffamazione.
L’ingiuria, che depenalizzata nel 2016 oggi configura un semplice illecito civile punito con sanzione pecuniaria, si ha in presenza di un’offesa che leda l’onore o il decoro di una persona presente.
La diffamazione, reato previsto all’art. 595 del codice penale, si configura invece ogniqualvolta taluno, comunicando con più persone, offenda l’altrui reputazione.
Il principale distinguo tra i due illeciti, pertanto, si deve alla presenza o meno della persona destinataria dei messaggi offensivi. Nel caso in cui questi vengano rivolti nell’ambito di una chat di gruppo su whatsapp, sarà fondamentale comprendere se la percezione della vittima dell’offesa sia contestuale o differita, a seconda che stia consultando o meno la chat. La Suprema Corte di Cassazione, con la Sent. n. 28675/2022, afferma infatti che “nel primo caso, vi sarà ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat perché la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente; nel secondo caso si avrà diffamazione, in quanto la vittima dovrà essere considerata assente”.
Nel caso di specie, per esempio, vi era stata una condanna per diffamazione: nella chat c’era stato un botta e risposta iniziale da parte delle due persone coinvolte ma successivamente la persona offesa non aveva più risposto. Quest’ultima, infatti, non era rimasta collegata tutto il tempo e, pertanto, non poteva ritenersi “presente” quando l’imputata aveva inviato la seconda parte dei messaggi.
A presto
MN
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