Tra i casi di recente cronaca giornalistica appaiono sempre più frequenti gli episodi di violenza nelle scuole, vuoi per il crescente sviluppo del bullismo, fenomeno sempre più difficile da arginare, vuoi anche per un’indiscussa crescita di vicende legate al conflittuale rapporto tra i professori ed alcuni alunni, talvolta sfociante in sistematiche vessazioni del docente nei confronti di uno o più studenti.
Si ponga il caso del professore che, ogni volta ne abbia l’occasione, umili di fronte alla classe un giovane studente che abbia qualche difficoltà nella materia d’insegnamento o che risulti essere in particolari condizioni di disagio dovute al suo rendimento scolastico o, ancora peggio, a sofferenze familiari che ne condizionano la serenità.
Quale reato configura la condotta del professore?
La Corte di Cassazione (Sent, n. 3459/2021) ha di recente preso posizione sul punto, respingendo il ricorso di un insegnante di una scuola media siciliana contro la sentenza della Corte di appello di Palermo che ne aveva confermato la condanna, anche al risarcimento del danno per i genitori costituitisi parti civili.
In particolare i Giudici di legittimità hanno stabilito che configura il reato di “maltrattamenti” (art. 572 c.p.), e non il più lieve “abuso di mezzi di correzione”, la condotta del professore che umilia ed offende abitualmente l’alunno, apostrofandolo con epiteti e frasi scurrili in presenza di tutta la classe. Infatti, qualsiasi forma di violenza, sia essa fisica che psicologica, non costituisce mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo.
Pertanto il professore, qualora accertata la propria responsabilità per i maltrattamenti, potrà essere condannato alla pena da 3 a 7 anni, che potrà essere aumentata sino alla metà se questi sono stati commessi nei confronti di un alunno minorenne.
Ma come assicurarsi la prova dei maltrattamenti e interrompere il comportamento del professore?
Il delitto di maltrattamenti è un reato procedibile d’ufficio. Ciò significa che il procedimento a carico del professore, volto ad accertarne la responsabilità, potrà prendere avvio attraverso una denuncia presentata da qualsiasi persona. Dunque non occorre che la notizia pervenga necessariamente da parte dell’alunno direttamente coinvolto o dai suoi genitori. Ben potrebbe essere un compagno di classe, un rappresentante dei genitori o il dirigente scolastico a denunciare l’accaduto all’Autorità Giudiziaria. A tal proposito la denuncia può essere presentata agli organi di polizia giudiziaria o alla Procura della Repubblica personalmente o per mezzo di un difensore, assicurandosi di fornire tutti gli elementi di prova utili alle indagini. Di certo verrà sentito chiunque possa riferire in merito ai fatti denunciati, come compagni di classe, colleghi del docente e genitori. Il denunciante ben potrebbe allegare una videoregistrazione volta a provare i fatti realmente accaduti. Infatti, contrariamente alle posizioni assunte da molti insegnanti, registrare la lezione in classe è consentito e non integra alcuna violazione della privacy. Oltretutto trattasi di conversazione tra presenti, perfettamente legittima alla presenza dell’interlocutore, (sul punto si legga “Registrare una conversazione di nascosto: è reato?“). Resta fermo il divieto di divulgazione del video o della registrazione acquisita in classe.
Una volta denunciato l’accaduto, il professore potrà essere soggetto alla sanzione disciplinare della sospensione, onde evitare il protrarsi dei comportamenti nelle more dell’accertamento. La giovane vittima potrà invece costituirsi, per mezzo di un difensore, parte civile nel processo penale al fine di domandare in tale sede il risarcimento dei danni patiti.
A presto
MN