La Corte di Cassazione ha sempre ritenuto che la condotta di pubblicazione su internet di immagini fotografiche che ritraggono una persona in atteggiamenti pornografici, in un contesto e per destinatari diversi da quelli in relazione al quale il consenso alla pubblicazione sia stato precedentemente prestato, integrasse il reato di diffamazione, in quanto azione idonea ad offendere l’altrui reputazione, comunicando con più persone (Cass. n. 19659/2019).
Oggi, a seguito dell’entrata in vigore del c.d. codice rosso, la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti è punita da un’autonoma fattispecie, disciplinata all’art. 612 ter del codice penale. E’ chiaro che la nuova previsione nasce dalla crescente necessità di arginare il fenomeno sempre più in aumento: la cronaca insegna che detta diffusione avviene per lo più attraverso social.
Il nuovo reato è stato introdotto per punire, in particolare, quella forma di interferenza nella vita privata, consistente nella pubblicazione arbitraria d’immagini o video a carattere sessuale del proprio partner, come forma di ritorsione per l’interruzione della relazione sentimentale.
In realtà l’art. 612 ter appresta una tutela a più ampio spettro della riservatezza sessuale, punendo ogni azione da chiunque commessa, volta a diffondere, senza consenso, la riproduzione di attività sessuali private.
Infatti la norma punisce con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da € 5.000 a € 15.000 non solo chi diffonde le immagini dopo averle personalmente realizzate o sottratte ma anche chi le diffonde dopo averle ricevute da terzi allo specifico fine di arrecare un nocumento ai soggetti ritratti. Questo in quanto il legislatore ha inteso apprestare una tutela, generica, alla diffusione delle immagini senza il consenso della persona rappresentata, tentando di attribuire effetto deterrente al circuito di diffusione.
In sostanza, si punisce qualsiasi comportamento capace di trasmettere ad altri le immagini o i video sessualmente espliciti, a condizione però che la diffusione sia avvenuta arbitrariamente e che i materiali avessero destinazione privata.
Ma cosa dobbiamo intendere per contenuto sessualmente esplicito?
Il concetto è del tutto inedito per il lessico del codice penale. Una ricostruzione in linea col significato letterale ma anche con lo speciale scopo di tutela perseguita dalla norma, ci porta a sostenere un’interpretazione che distingue i materiali meramente erotici, dove il richiamo alla sessualità è più sfumato e allusivo, da quelli, invece, che hanno un contenuto più diretto e immediato, ritraendo il compimento di atti sessuali evidenti coinvolgenti le zone intime. Dunque sarebbero sessualmente espliciti i contenuti che riprendono attività sessuali esplicite.
Cosa fare se si è vittima di revenge porn
Qualora, malauguratamente, ci si accorga di essere vittime del reato in quanto ritratti in atteggiamenti sessualmente espliciti in immagini o video diffusi senza il nostro consenso, occorre presentare immediatamente una querela alle Autorità. La fattispecie del revenge porn è infatti procedibile soltanto con la querela sporta dalla persona direttamente offesa dal reato, entro 6 mesi dalla diffusione del contenuto. Diversamente, l’autore del reato non sarà perseguito, nemmeno se i parenti della vittima abbiano presentato denuncia.
Soltanto portando l’Autorità Giudiziaria a conoscenza del delitto sarà possibile interrompere il circuito di diffusione ed evitare l’incontrollata propagazione delle immagini.
A presto
MN